Rate this post

Andammo al bar e ordinammo un cappuccino per me e un caffè per Salvatore che, dopo averlo bevuto, iniziò a sentirsi male, portandosi le mani alla gola e iniziando a tossire, come se fosse stato avvelenato.

Raccolsi la tazza e notai delle stranissime tracce di polvere bianca: qualcuno doveva aver messo qualcosa nel caffè, senza che la barista se ne accorgesse.
Dopo questo ennesimo “colpo” ne avevo abbastanza e non avevo nessuna intenzione di aspettare che qualcun’altro ci rimettesse la pelle per colpa di qualche folle che stava seminando il panico in tutto l’ufficio.
Fortunatamente e stranamente la porta della portineria era aperta e non c’era nessuno nei paraggi tranne una donna intenta a parlare in uno strano dispositivo. Avevo già visto un aggeggio del genere in qualche film, quindi compresi che era quello l’apparecchio che l’assassino utilizzava per modificare la propria voce.
Essendo arrivato alle sue spalle, per un po’ quella figura non si accorse di me, forse perché troppo intenta ad ammirare i frutti del suo lavoro .
Quando mi vide cercò di venirmi addosso, ma io fui più veloce e mi spostai, facendola sbattere contro una sedia.
Non volevo certo farle del male, le donne non si toccano neanche con un fiore e anche se lei aveva seminato panico in una giornata altrimenti tranquilla non potevo certo permettermi di metterla fuori combattimento.
Approfittai semplicemente di un attimo di confusione per toglierle la maschera e rimasi stupito quando vidi che si trattava di Alessandra, una mia ex-compagna di scuola che non vedevo da anni e alla quale, per la verità, in passato non avevo mai prestato particolare attenzione, la riconobbi grazie ad alcune vecchie foto che avevo visto su Facebook.

Indossava un vestito rosso lungo che la rendeva stranamente carina.

Quando mi riconobbe fu stranamente sorpresa.
-Perché lo hai fato?-le chiesi.
-Perché, come ho detto nel primo messaggio, ognuno di voi mi ha tradita e abbandonata proprio durante le feste. Volevo solo farvela pagare.
-Ma non serviva uccidere due persone, sarebbe bastato che tu ne parlassi con loro e avreste sicuramente sistemato tutto.
-Lo so-disse lei piangendo-sono stata una sciocca ed ora è troppo tardi per rimediare.
-Forse no, basta semplicemente confessare ciò che hai fatto-dissi io-sono sicuro che andrà tutto bene.
Fu deciso, invece, com’era logico, di denunciare il fatto alla polizia, che decisi di chiamare appena tornato in ufficio.

Questa arrivò nel giro di pochi minuti, il gioiello venne, infine, recuperato nella zona del bunker dell’Università, dove venivano acquistati i libri e consegnato alle autorità, poco prima dell’inizio dell’eclissi.
Dopo qualche minuto mio papà venne a prendermi e stranamente non si accorse di niente.

Per quanto mi riguarda raccontai una piccola bugia, dicendo che era andato tutto bene, che mi ero divertito e che non era successo niente di particolare, solo io e i “sopravvissuti” avremmo saputo la verità su ciò che era successo.
Quella stessa sera ci fu la cena della Vigila con alcuni amici e io decisi di non fare parola con nessuno di ciò che era successo durante quella giornata, per non turbare l’atmosfera della festa.